By Published On: 06/04/2018Categories: Cinema, CulturaTags: ,

È uscito ieri 05 aprile nelle sale italiane il film “Il mistero di Donald C”, che narra l’incredibile storia vera di Donald Crowhurst, velista amatoriale che nel 1968 partecipò alla regata in solitaria intorno al mondo organizzata dal Sunday Times. La sua impresa è stata avvolta dal mistero per anni, mistero che verrà raccontato appunto in questa nuova pellicola del premio Oscar James Marsh, già regista de “La teoria del tutto”.

Il mistero di Donald C

Il mistero di Donald C: di cosa parla

È il 1968 quando il il Sunday Times indice una Golden Globe Race, una regata in solitaria senza soste intorno al mondo: Donald Crowhurst, interpretato da Colin Firth, è un velista amatoriale che decide di partecipare pur non essendo assolutamente all’altezza dell’impresa. Nonostante questo, però, trova chi è disposto a credere in lui: un finanziatore disposto a investire nella costruzione della barca, un giornalista senza scrupoli che troverà numerosi sponsor disposti a salpare con i loro prodotti insieme a Donald e poi ancora esclusive su interviste, reportage, continui aggiornamenti per nutrire la notizia nei mesi di mare aperto.

Solo Clare, la moglie di Donald interpretata da Rachel Weisz, sembra intuire l’aspetto più profondo della questione, pur temendo per la vita di suo marito. Sa benissimo che si tratta di un’impresa rischiosissima, ma al tempo stesso non ostacola la sua decisione per sostenerlo incondizionatamente nell’inseguimento dei suoi sogni. Gli stessi figli di Donald, entusiasti dell’impresa in cui si sarebbe cimentato il padre, lo sostengono con amabilmente.

Così, nonostante la barca non fosse stata collaudata, nonostante non fosse ultimata come avrebbe dovuto essere, nonostante i continui ritardi sulla partenza e le spese che lo costringono a ipotecare la sua casa e la sua azienda, Donald alla fine parte, ormai impossibilitato a tirarsi indietro da quel sogno sfuggitogli ben presto di mano.

Il mistero di Donald C

Le mie riflessioni su Il mistero di Donald C

La domanda che dunque il regista James Marsh, già avvezzo a trattare temi di eroica sopravvivenza come nel documentario Man on Wire o ne La teoria del tutto, sembra porci nel film è la seguente: perché Donald Crowhurst si lanciò in un’impresa così più grande di lui? Un dubbio che insidia lo spettatore, evidentemente consapevole dell’epilogo drammatico della vicenda fin dall’inizio. Crowhurst non ha nulla dell’eroe hollywoodiano, è letteralmente un uomo qualunque perso nei flussi della vita con la sua esistenza normale e assolutamente tradizionale (moglie, figli, lavoro): la sua impresa appare come un tentativo di autodistruzione inafferrabile di quella sua vita perfetta e serena. Cosa lo spinge a sfidare gli oceani di tutto il pianeta pur sapendo che non avrebbe avuto realmente la capacità tecnica, fisica e psicologica di affrontare la traversata in solitaria? È proprio su queste riflessioni che si snocciola il vero cuore del film.

Ho deciso di andare perché se fossi rimasto, non avrei più avuto pace.” – Donald Crowhurst

Cosa avremmo fatto noi al posto di Donald C? Quanti di noi sono disposti a rischiare tutto quello che hanno per inseguire i propri sogni, le proprie ambizioni? E sopratutto, esiste un limite e come riconoscerlo? Questo sono alcune delle domande che mi sono posta assieme al protagonista, che evidentemente commetterà degli errori di valutazione e si assumerà le conseguenze con decisioni piuttosto tragiche e risolutive.

Al di là della trama, ho amato moltissimo il film dal punto di vista tecnico: la regia di James Marsh, sempre attenta ai minimi dettagli espressivi dei protagonisti, pronta a raccontare le emozioni attraverso inquadrature suggestive, anche quando si tratta di oggetti o del mare aperto; la fotografia di Eric Gautier scava nell’animo dei protagonisti, offrendo spesso dei giochi di luce/ombra che esprimono tutto il conflitto interiore che questi stanno vivendo. Per finire, la colonna sonora, intesa non solo come musiche ma anche come semplici rumori, è un vero capolavoro che amplifica l’esperienza del film: il vento incessante in mare aperto, i suoni ripetitivi e martellanti che si producono dallo sbattere di una corda, le onde, in poche parole la natura.

Il film, della durata di 101′, procede lento ma intenso, coinvolgendo lo spettatore in una dimensione intima del dramma umano di fronte alla solitudine e al contatto più autentico con il sé. Da vedere!

Il mistero di Donald C

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