Vi dirò la verità: la sfilata che aspettavo di vedere con maggiore curiosità in questa Fashion Week, si è rivelata una delusione. Che i temi proposti prendano piede o meno, che diventino mode imperanti o finiscano nel dimenticatoio, poco importa, per me è da dimenticare.
Un paio d’anni fa scrissi un post dedicato proprio a Moschino, e queste furono alcune delle parole che usai per descriverlo:
Se mi chiedono chi è il mio preferito, io dico: “è lui, è Moschino”; “perché?” “ah non lo so, bella domanda!”. E in effetti credo di non poter esprimere in linguaggio tecnico cos’è che apprezzo a livello sartoriale piuttosto che nella scelta dei temi di una collezione: quello che posso cercare di fare è trasmettere un’emozione legata a cosa vedo. E quel che vedo è ironia, divertimento, cambiamento, femminilità, sensualità, eleganza, originalità, italianità.
Senza parlare della bellissima collezione S/S 2013 e al make up scelto per le modelle che avevano sfilato con deliziosi abitini d’ispirazione anni ’60, che mi aveva fatto sognare. Io stessa avevo preso spunto da quella sfilata per riproporvi un outfit in perfetto stile Sixties, Moschino inspired.
Insomma, da sempre questo marchio è sinonimo di briosa eleganza, divertimento e fascino d’altri tempi…Ma questa volta proprio non ci siamo. La sfilata milanese di questi giorni era densa di aspettative ed enetusiasmo: veniva presentata la prima collezione disegnata dallo stilista americano Jeremy Scott.
Cosa ha sfilato dunque in passerella? Modelle vestite come cameriere del McDonald’s in versione chic, con improbabili accostamenti di colori sgargianti come rosso e giallo, cappotti-accappatoio accanto a tailleur e giacche bon ton, borse con l’iconica M, comune ai due marchi, che si ibrida e assume la forma di un cuore. Troviamo poi una linea più ispirata al mondo hip-hop, con tanto oro, tessuti cangianti, cinture e collane sovrapposte (un ammucchiarsi di roba pacchianissima, insomma), biancheria in bella vista con tanto di logo sull’elastico delle mutande. Ma non è finita: perché il clou della sfilata sembra essere dominato da Spongebob…E non è un modo di dire, la famosa spugna gialla dei cartoni animati ha invaso felpe, crop top e abiti, tra lo stupore del pubblico…Un tripudio di giallo a macchie nere e le caratteristiche facce buffe del personaggio a cui Scott di è ispirato. Che questa sia la fine della sfilata? No, perché ecco un’altra carrellata di abiti surreali caratterizzati da stampe pop con confezioni di chips, pop-corn, zuppe americane e cioccolata che avvolgono le modelle con forme e volumi molto lontani dall’immagine classica del brand.
Che Jeremy Scott abbia voluto fare una sorta di omaggio al consumismo non c’è dubbio, estremizzando l’ironia già tipica di Moschino. Un debutto in grande stile, che sicuramente farà parlare di sé…Ma ehi, siamo sicuri che la moda sia questo? Io vedo solo la filosofia di un brand che è stata stravolta e strumentalizzata più per creare del rumor che per stupire grazie alla sartorialità e bellezza dei vestiti. Vedo un americano in Italia che fa la classica “americanata”, molto fumo e poco arrosto, che non ha saputo saputo valorizzare il lato più autentico di Moschino, quel suo fascino retrò, femminile e ironico, ma sempre chic.
Insomma, per me è NO…Una collezione più adatta alla fashion week newyorkese forse, ma non adatta, a mio avviso, alla tradizione italiana.